Il Comune che vorrei
di Antonio Fucci
ecco quello che ritengo sia importante nell’amministrazione di un
comune:
Vorrei
degli amministratori aperti agli stimoli della società civile e non solo degli oratori intenti a spiegare
da un pulpito esigenze e necessità nate spesso al di fuori della comunità.
Il M5S
è un movimento che nasce dal basso, quindi per quanto sia ormai lo slogan di
tutte le forze politiche, la gente deve tornare protagonista. Un sindaco
dovrebbe prima delle elezioni presentare il proprio programma di mandato con
obiettivi chiari e concreti, soggetto a verifiche annuali senza che diventino
occasione di trionfalismi o facile demagogia.
Vorrei
degli amministratori lavoratori,
vicini alla gente perché condividono con i semplici cittadini un’occupazione e
dedicano alla politica parte del loro tempo.
Sono
contrario ai tecnici, come sono diffidente verso i politici di mestiere:
ritengo che le tentazioni siano troppe, anche per persone oneste. Mi rendo
conto che la macchina comunale è qualcosa di complesso, ma va recuperata l’idea
della politica come servizio e non come trampolino di lancio per altri
incarichi.
Vorrei
un ecologismo reale, senza eccessi e senza strumentalizzazioni,
dove la raccolta differenziata possa diventare una risorsa per la collettività,
e non un aggravio ulteriore a beneficio di pochi.
Vorrei
un comune vicino ai più deboli, agli anziani, ai giovani, a
chi ha meno, senza che queste condizioni vengano strumentalizzate: i
pulmini elettorali pieni di anziani, i centri giovani dove mancano soltanto le
divise in orbace mi fanno repulsione. L’associazionismo è importante e va
sicuramente incoraggiato, ma esso deve soltanto coadiuvare, non sostituire
l’ente locale nella gestione dei servizi.
Vorrei
un comune dove la cultura sia fatta in punta di piedi, in
attività quotidiane, senza bisogno di stupire l’elettore con miriadi di
attività che a volte sono un vero proliferare di sprechi e non servono allo
scopo principale: valorizzare il servizio. Bisogna pensare non più in grande,
ma a quello che serve e soprattutto si deve essere consapevoli che quello che
si paga oggi si dovrà poi mantenere domani.
I
servizi andrebbero valutati in due direzioni: non è etico, a mio parere, disporne quando
si utilizzano lavoratori sottopagati e con contratti capestro. Non è
tollerabile che il personale direttamente dipendente dell’ente, anche tra gli
inquadramenti più bassi, goda di condizioni economiche e lavorative
incomparabilmente superiori rispetto a persone formate e laureate, ma
provenienti da una cooperativa.
Basta
con le gare di appalto al massimo ribasso e anche quando si tratta di altri
criteri di aggiudicazione, non siano sempre i lavoratori a rimetterci. I
servizi, infine, devono avere una scala di priorità e visto che si guarda con
favore verso forme di collaborazione tra enti, bisognerebbe anche accettare
qualche disagio di carattere, per così dire, logistico.
Per i
motivi di cui sopra sono contrario a esternalizzazioni e municipalizzate,
perché spesso comportano un peggioramento del servizio, un peggioramento delle
condizioni di lavoro e una forma di deresponsabilizzazione dell’ente: quando,
infatti, una cooperativa perde un appalto, capita spesso che i lavoratori
impegnati in quel servizio perdano il lavoro.
A
proposito di municipalizzate sono note le assunzioni facili fatte da Alemanno e
il ruolo elettoralistico che hanno in molti comuni del Sud e del Nord,noto l’uso allegro di fondazioni e
società patrimonio da parte di alcuni comuni per garantire servizi, alcune
indebitate o utilizzate per coprire assunzioni farsa, in qualche caso
dichiarate pure non conformi alla legge.
Un
taglio netto deve essere effettuato anche alle consulenze: a che pro
utilizzare, ad esempio, professionisti esterni per realizzare un edificio di
pubblica utilità, quando all’interno dell’ente già ci sono ingegneri,
architetti e geometri che meriterebbero di vedere valorizzate le loro
professionalità anche economicamente?
Vorrei, e
sembra banale pretenderlo, gare di appalto e concorsi di
specchiata onestà e un albo pretorio con tutti gli atti amministrativi
consultabili, determinazioni comprese. Il capitolo concorsi meriterebbe
davvero un paragrafo a parte.
In enti
medio piccoli è difficile, per non dire impossibile, ottenere un posto
onestamente da alcuni anni a questa parte: i blocchi al turnover hanno reso,
infatti, assai ardue le assunzioni e ristretto il collo della bottiglia a
persone già conosciute, per esperienze pregresse o per altri motivi meno
onorevoli. Non credo che questo stato di cose, soprattutto nel momento
difficile che stiamo vivendo, sia tollerabile.
A tutto
questo si è aggiunta la beffa della legge 125 sui precari che risulta in gran
parte inapplicata a circa quattro mesi dalla sua approvazione, rendendo però,
al contempo, quasi impossibili le assunzioni a tempo parziale: un’amara presa
in giro, per coloro che, per le ragioni che ho enunciato, sono spesso i primi
degli onesti.
In
qualità di cittadini onesto non stimo nemmeno i così detti articoli 90, i
membri di staff del sindaco assunti senza concorso, figure che abolirei o
ridurrei perché il più delle volte, a distanza di anni, si trovano magicamente
stabilizzate, non so quanto in maniera meritocratica.
La mia
attenzione alla politica assunzionale di un ente pubblico può essere
considerata un atto egoistico e in un certo senso lo è, ma gli sprechi spesso
denunciati nella pubblica amministrazione non derivano né dal numero dei
dipendenti, né dalla spesa che gli stipendi, modesti a paragone di altri paesi
europei, comportano; mentre la contrazione delle assunzioni non ha certo
giovato ai servizi che gli enti locali garantiscono.
L’amministrazione
dovrebbe esercitare una forma di moral suason per cercare di valorizzare il paese con
attività commerciali e di svago: vivo in una realtà dove c’è un eccesso di
attività culturali, a volte politicamente connotate, ma senza un cinema, senza
un pub, senza un locale degno di questo nome. Infine la moral
suason andrebbe a mio
parere attivata anche per ragioni etiche: la Ludopatia sta diventando un
problema endemico e un’amministrazione locale dovrebbe, anche con incentivi
economici, cercare di spingere gli esercenti a non possedere slot machine.
Gli URP
allontanano i cittadini dall’amministrazione, come i servizi on line, anche se entrambi
sono sicuramente utili per evitare file indiscriminate e situazioni di caos
endemico. Un ufficio comunale deve poter, almeno una volta alla settimana,
ricevere per appuntamento i propri cittadini. Magari in un comune grande è
molto difficile, ma in enti più piccoli credo sia ancora fattibile. Vorrei,
infine, dirigenti presenti e non entità ectoplasmatiche sempre in viaggio e
lontano sia dai cittadini, che dal servizio di appartenenza.
Un’amministrazione,
infine, dovrebbe essere rappresentativa di
tutte le confessioni dei propri cittadini: basta proclami razzisti contro le
moschee, ma basta anche alle benedizioni inaugurali, natalizie e pasquali!
Purtroppo
in certe contrade, che la cosa pubblica non sia sinonimo di casa
del popolo è un
concetto ancora non ben compreso.